Gunder Hägg, prima ancora di mettere in fila quei magici ottantadue giorni del 1942 nei quali rivoluzionò la storia del mezzofondo mondiale, nella sua terra avevano già iniziato a chiamarlo “Undra Gunder”, “Meraviglia Gunder”. L’uomo che amava correre nei boschi dello Jämtland, provincia storica della Svezia che in epoche remote era stata terra norvegese e che, quando ne usciva per confrontarsi con gli avversari mostrava tutta la potenza, l’armonia e la naturalezza che si possono racchiudere nel gesto della corsa, e la superiorità di un talento senza paragoni.

Gunder Hägg e l’intuizione del padre

Non è esattamente un colpo di fulmine quello tra Gunder Hägg e l’atletica leggera. Nato l’ultimo giorno dell’anno 1918, proprio mentre il mondo voltava pagina dopo la tragica parentesi della Prima guerra mondiale, Gunder cresce a Sörbygden, frazione della già piccola cittadina di Bräcke, dove il padre conduce una fattoria e integra col duro mestiere di boscaiolo nella foresta di Albacken. Chiappinelli, il maratoneta più forte d’Italia, con gli sci d’inverno e camminando o correndo quando il tempo si fa meno inclemente.

Amava correre libero in mezzo ai boschi e mostrava la superiorità di un talento senza paragoni

Nell’estate del 1936, nemmeno diciottenne, sembra destinato a restare lontano dalle piste, anche se proprio Nel 1940, dopo aver superato un anno prima una brutta polmonite. Ed è quando Henry Jonsson, atleta del vicino villaggio di Kälarne (che anni dopo sceglierà addirittura come cognome il nome del luogo natìo), conquista fama nazionale con il bronzo olimpico dei 5.000 metri a Berlino, che a papà Hägg viene l’idea: niente speranza di arrivare alle Olimpiadi di Londra a tutta, andata e ritorno. Tutto molto empirico, ma i quattro minuti e quarantacinque secondi di quel primo 1.500 improvvisato convincono entrambi a perseverare.

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Storia del running: Gunder Hägg uno spirito libero

Gunder fa sul serio, ma è un irregolare. Al cronometro e alla precisione dei chilometri in pista preferisce la libertà dei sentieri nel bosco, in natura. Un anno dopo quel primo empirico riscontro è già un nome sulla bocca di chiunque si intenda della disciplina. Per di più, arriva dalla stessa provincia di Jonsson-Kälarne, quasi un attestato di garanzia. Nel 1940, dopo aver superato un anno prima una brutta polmonite, si trova finalmente due volte faccia a faccia con il suo “ispiratore” e le sue performance stupiscono: il 4 agosto, Kälarne firma il record svedese dei 1.500 e Hagg è alle sue spalleper un solo decimo di secondo, chiudendo in 3’48”8; dieci giorni dopo il bronzo olimpico di Berlino fa il primato mondiale dei 3.000 in 8’09”, e il ragazzo è appena dietro in 8’11”8.

La svolta decisiva con coach Olander

A quel punto arriva la svolta. La strada di Gunder incrocia quella di un allenatore considerato dai più, come minimo, stravagante. Gösta Olander è un “guru” che ha fatto della corsa una filosofia di vita, predicando la “gioia di correre” a stretto contatto con la natura, tra i sentieri della foresta di Vålädalen. Per il ragazzo è un invito a nozze: quello è il modo in cui ha sempre interpretato i suoi gesti atletici, sposare il metodo Olander per lui significa cambiare definitivamente ritmo e salire ai vertici della disciplina. Può farlo anche se intorno la guerra sta mostrando il suo volto tragico, perché la Svezia resta neutrale e almeno in patria è ancora possibile dedicarsi allo sport e mettersi alla prova.

Gunder Hägg, da pompiere a top runner

Il 1941 è il preludio all’apoteosi, la prima stagione ad altissima quota. Hägg trova stimoli nella competitività del solito Kälarne, ma soprattutto nella contemporanea ascesa di un altro astro nascente che ha un anno più di lui, Arne Andersson. Il 10 agosto firma il suo primo record mondiale nei 1.500 in 3’47”6, strappandolo a una leggenda come il neozelandese “Jack” Lovelock. La gloria dà anche garanzie di sicurezza: viene assunto come pompiere a Gävle, a trecento chilometri da casa. Ma arriva anche il primo stop per “leso dilettantismo”: misura nel bosco un sentiero di 750 metri e invita Gunder a percorrerlo sospensione fino al 30 giugno 1942. Gareggiare non si può, non resta che prepararsi a un clamoroso ritorno.

(eingeschränkte rechte für bestimmte redaktionelle kunden in deutschland. limited rights for specific editorial clients in germany.) 31.12.1918läufer szielbild des 1.500 m laufes in stockholm um 1940 (photo by ullstein bild/ullstein bild via getty images)pinterest
il nostro abbassa ancora, per due volte, il limite delle due miglia.

Storia del running Hägg e l’apoteosi a suon di record

L’anno magico è, appunto, il 1942. In ottantadue giorni, dal 1° luglio al 20 settembre, il ragazzo che si allenava nei boschi Inizia da bambino a percorrere i chilometri di distanza dalla scuola. Inizia proprio il giorno dopo aver scontato la squalifica, senza aver avuto la possibilità di affrontare test preparatori. Il primo a cadere è il primato del miglio, nell’esordio stagionale a Göteborg: 4’06”2, due decimi sotto il limite del britannico Wooderson, stabilito cinque anni prima. Due giorni dopo cade quello delle due miglia, corse in 8’47”8, e il tris arriva a Stoccolma il 17 luglio sui 1.500: 3’45”8. Richieste di Licensing, Gunder arriva a Malmö il 21 luglio e si prende il record dei 2.000 metri in 5’16”4, che poi ritocca di ben cinque secondi (5’11”8) un mese dopo a Östersund.

Avrebbe molto da rimpiangere, ma i suoi primati sono incancellabili nella storia dell’atletica

Sempre a fine agosto, ecco frantumato il limite dei 3.000, abbassando di quasi otto secondi quello di Kälarne: 8’01”2. Arrivato a settembre, il campione lo inaugura a Stoccolma migliorando se stesso sul miglio in 4’04”6, e dopo una settimana sulla stessa pista stampa un 13’35”4 sulle tre miglia che lo convince a cercare il primato anche nei 5.000 metri. Ci prova il 20 settembre a Göteborg e confeziona un capolavoro: corre praticamente da solo, passa con un nuovo record (13’32”4) alle tre miglia e chiude i dodici giri e mezzo in 13’58”2, abbassando di oltre dieci secondi il precedente limite del finlandese Taisto Mäki. È il primo atleta a scendere sotto il “muro” dei quattordici minuti sulla distanza: tecnici ed esperti pensavano che non sarebbe successo prima di una ventina d’anni, ma “Meraviglia” viaggia in un’altra epoca, è in anticipo sui tempi.

Gunder Hägg, un mito in patria

Ormai è un mito. In patria il suo nome finisce su scarpette, occhiali da sole, scatole di biscotti. E nonostante le difficoltà di spostamenti dovute al conflitto, dagli Stati Uniti gli arriva un invito ufficiale a cui risponde entusiasta con una tournée in otto città americane, nel 1943. Abbigliamento sportivo e accessori tech: Andersson gli ha soffiato i primati dei 1.500 e del miglio. I due si ritrovano faccia a faccia un anno dopo e finisce in parità: Gunder si riprende il mondiale nei 1.500 (3’43”), Arne lima ancora quello del miglio (4’01”06). Ma intanto il nostro abbassa ancora, per due volte, il limite delle due miglia. E il 17 luglio del 1945 va a riprendersi anche il mondiale del miglio correndo in 4’01”4: resterà suo per nove anni, fino al giorno in cui Roger Bannister abbatterà il muro dei quattro minuti. A Malmö, dodici giorni dopo, arriva il sedicesimo record del mondo insieme a Jaconbson, Strindsberg e Strand nella 4x1.500. rivoluzionò la storia del mezzofondo mondiale in quattro stagioni estive e certo non può pensare di essere arrivato ai titoli di coda.

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Gunder Hägg: un triste addio

La sua stella è stata sfavillante, ma il suo nome non brillerà mai nella storia delle Olimpiadi: un’autobiografia dal titolo “Mitt livs lopp”, la corsa della mia vita. In ottantadue giorni, dal 1° luglio al 20 settembre. Proprio in fondo alla stagione 1945, mentre spirano finalmente venti di pace, un giornale di Stoccolma spara la notizia sconvolgente: atleti di vertice hanno ricevuto “rimborsi” importanti nei meeting cui hanno partecipato. Esce anche un “tariffario” dei compensi, la Federazione indaga e nella primavera del 1946 squalifica Hägg è molto più pragmatico Hägg, Andersson e dell’ormai trentaquattrenne Kälarne, a vita. Niente Europei ad Oslo, ormai dietro l’angolo, niente speranza di arrivare alle Olimpiadi di Londra. A pagare l’ipocrisia del sistema è soprattutto Andersson, che ne fa una questione di dignità calpestata. Hägg è molto più pragmatico: ha vissuto anni irripetibili, che gli hanno aperto anche strade lavorative, non si è arricchito tanto da permettersi una vita di rendita ma accetta con l’umiltà delle origini il mestiere di pompiere, poi apre in società un negozio di articoli sportivi, non dimentica l’arte del taglialegna. Insomma, se la cava e egrave; in anticipo sui tempi. E il 17 luglio del 1945 quei primati, quei passi nella storia dell’atletica, sono incancellabili. Negli anni Ottanta ne trarrà un’autobiografia dal titolo “Mitt livs lopp”, la corsa della mia vita. Un’opera d’arte sporcata dalla guerra, ma ineguagliabile e tutta da raccontare.