La che poche gare al mondo possono trasmettere è la 100 miglia più antica e più famosa deli Stati Uniti, la gara americana più sognata dai trail runners di tutto il mondo. Dopo essere stato sorteggiato nella lotteria di dicembre, tutta la mia preparazione è stata incentrata su questa gara.

Purtroppo il risultato non è stato quello sperato, ma l’esperienza è stata comunque intensa ed emozionante, sicuramente qualcosa da raccontare.

Western States: il viaggio, il percorso e la storia

Dopo un viaggio con qualche contrattempo e qualche stress di troppo, ho svolto degli allenamenti su alcuni tratti del percorso, cercando di capire dal vivo cosa significasse correre a quelle altitudini, con quel caldo, con quella vegetazione e con quel senso di selvaggio che poche gare al mondo possono trasmettere.

Il corpo ha faticato ad adattarsi, complice anche il fuso orario. Attraversando alcuni luoghi iconici della gara, potevo sentirne l’alone storico. Passando per sentieri selvaggi e isolati c’era sempre la sensazione di fare degli incontri unici, e così è stato, con un cucciolo d’orso e la propria mamma ad attraversarmi il sentiero durante una corsa. L’incontro è stato adrenalinico, ma non pericoloso. È stato però necessario fare un giro più largo e allungare non di poco il mio percorso.

Western States: l’attesa della gara

A Olympic Valley il pre gara non è come quello di Chamonix per l’UTMB, ma comunque sentito. Stereotipi e cliché del trail running e breve giro tra i pochi stand presenti. Il briefing è stato importante per capire le condizioni di neve, sentieri, guadi, temperature e di altri punti critici del percorso.

Un’edizione che si preannunciava veloce, senza condizioni estreme, ma comunque calde. Durante il briefing era facile spostare lo sguardo e incontrare leggende della gara, dal “creatore” Gordy Ainsleigh al plurivincitore Scott Jurek, per poi assistere all’annuncio di favoriti e favorite.

Western States: la partenza

Sono bastate poche centinaia di metri per trovarmi nel mio limbo. Davanti i 25 favoriti (con anche Katie Schide, capace di fare mezza salita coi migliori uomini, poi vincitrice col secondo miglior tempo di sempre tra le donne), dietro io insieme ad altre tra le migliori donne, più indietro ancora il resto del gruppo.

Così è proceduta la mia gara fino al ristoro di Robinson’s Flat, con passo buono, ma in controllo, godendomi la bellezza della parte forse più selvaggia del percorso.

stefano ruzza al 30° km della western statespinterest
Facchino Photography

Western States: i ristori e il mio ritiro

Sin dai primi ristori si poteva notare l’incredibile efficienza e gentilezza dei volontari, velocissimi nel consegnare le drop bags lasciate all’organizzazione e nel riempire borracce, disponibili a rinfrescare con acqua e ghiaccio e incitando gli atleti.

Tutta questa generosità è uscita ancora di più quando è arrivata la mia inaspettata crisi a Devil’s Thumb, praticamente a metà gara, con problemi di stomaco e probabilmente con successiva disidratazione. In 3 ristori ho dovuto rimanere seduto decine di minuti, tentando quasi inutilmente di bere e mangiare, sempre assistito da diversi volontari che cercavano di aiutarmi in ogni modo e spronandomi a ripartire e provarci.

Western States: cosa non è andato della mia gara

Difficile capire cosa sia andato storto nella mia gara. Il passo era in controllo, alimentazione e idratazione procedevano come programmato, davanti alla cinese e non mi stava mettendo in difficoltà. La cosa più probabile è che fossi già leggermente disidratato alla partenza (ho avuto sempre la sensazione di secchezza in bocca e nelle vie aeree per tutto il periodo in California) e ho integrato con poco sodio durante la gara.

Anche problemi di stomaco poteva essere migliore (tutti avevano cappellini migliori, divise più chiare, bandane e zainetti dove inserire il ghiaccio in modi più efficaci).

Western States: la gara dei top

il caldo non era ancora estremo un pezzo della gara femminile, ma non senza pathos, visto che gara bellissima, con prestazioni incredibili che continuano a migliorare anno dopo anno. Basti pensare che 9 record del 2019.

La vittoria è appunto andata a Katie Schide in 15h46’57”, davanti alla cinese Fuzhao Xiang (16h20’03”), autrice di una bella rimonta, e all’ungherese Eszter Csillag (16h42’17”).

Tra gli uomini è arrivata la Ultra trail, la guida definitiva Jim Walmsley, in 14h13’45”, a soli 4’ dal suo record del 2019, Una guida completa alla Western States 100 Rod Farvard (poi 2° in 14h24’15”) è stato in testa alla gara fino all’80° miglio, finendo davanti ad Hayden Hawks di soli 16”.