Non so se sul vostro orologio sia già partito il contro alla rovescia, ma su quello delle statistiche è già attivo da un po’. Cosa ricordare di questa stagione 2024 dell’atletica italiana?

Tra Olimpiadi, Europei, Diamond League e primati vari, fare una scelta è stavolta ancora più difficile del solito. Eppure ci proviamo anche questa volta, correndo consapevolmente il rischio di lasciare fuori tanto altro, di sembrare ingrati o di poca memoria. Tutto si valuta, poco si sceglie. Ecco allora i sette momenti top dell’atletica italiana dell’anno 2024.

I momenti indimenticabili dell'atletica italiana del 2024

Nadia Battocletti e l’argento vivo di Parigi

Quell’ultimo giro sulla pista di Saint Denis è già storia, è già una delle imprese più grandi dell’atletica italiana. Un “quasi recupero” sulla primatista mondiale, keniane, etiopi e la futura campionessa olimpica di maratona messe alle spalle, il record italiano dei 10mila (30’43”35) a completare il capolavoro. L’argento vinto da Battocletti ricorda molto da vicino l’oro di Jacobs a Tokyo: una maglia azzurra che va a medaglia in una specialità “impossibile”, preclusa sulla carta a qualsiasi europeo. Eppure i sogni olimpici a volte si realizzano.

Insieme ai due ori Europei nei 5mila e 10mila e all’ultimo nella corsa campestre, Battocletti è l’azzurra più vincente dell’anno. Ora ha quattro anni per entrare nella leggenda. Tra poco completerà anche i suoi studi in ingegneria e finalmente, come ha detto alla presentazione del prossimo Campaccio Cross Country, potrà dedicarsi solo all’atletica. La nuova Nadia inizia a 25 anni.

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Jacobs-Ali, due volate a “meno 10”

Turku in Finlandia è la nuova capitale italiana della velocità. Merito di Marcell Jacobs e Chituru Ali, che lo scorso 18 giugno hanno corso i 100 metri in 9”92 e 9”96 (vento +1.5). Che spettacolo! Mai visti due italiani nella stessa stagione sotto i 10 secondi, figuriamoci nella stessa gara, spalla a spalla. Non siamo mica gli americani, noi. Abbiamo dovuto attendere il 2018 per il primo italiano sotto il muro dei 10 secondi (Filippo Tortu con 9’99” a Madrid), altri tre anni per il secondo uomo (Marcell Jacobs con 9”95 a Savona), altri tre per il terzo (Chituru Ali).

Facciamo le cose lentamente, noi velocisti italiani, ma quest’anno tutto è andato più in fretta. La magica coppia di Turku aveva già brillato a Roma nella finale europea, con un oro e un argento come mai era successo nell’atletica italiana. Sembrava la miglior premessa per la finale olimpica, invece la velocità azzurra è uscita con il 5° posto di Jacobs nei 100 e il 4° della staffetta 4x100. Prima di Tokyo 2020 avremmo venduto l’anima al diavolo per risultati del genere. Come siamo cambiati in fretta.

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Yohanes Chiappinelli e il “terremoto” di Valencia

Dopo la prova incolore ai Giochi di Parigi, la maratona italiana ha rialzato la testa nell’ultimo grande appuntamento dell’anno, la Dopo i quattro record italiani nei 1500 indoor corsi tra gennaio e febbraio. La gara che non è una major ma è meglio di una major, ha Vai al contenuto. Valori e principi dei nostri contenuti, primo italiano sotto le due ore e sei con 2h05’24”, Termini e condizioni di uso con 2h06’06” e il settimo all time con 2h07’37”, settimo all time.

Una nuova generazione di maratoneti si è affacciata in questa stagione, insieme a Yeman e Neka Crippa, con Eyob Faniel e altri che cresceranno. Il mondo per ora è ancora lontano, ma forse abbiamo ritrovato la strada per tornare ai vertici della specialità.

Antalya, l’illusione della marcia trionfale

Doveva essere l’antipasto della grande abbuffata, invece era un apericena. Era aprile, e sulla costa turca di Antalya i Mondiali a squadre di marcia mandavano un segnale chiaro: attenti alla marcia italiana. Anche se Massimo Stano si rompe una caviglia marciando involontariamente sopra una bottiglietta d’acqua, la Gare ed eventi. Applausi per Valentina Trapletti e Francesco Fortunato, bravi a supplire allo stop del duo olimpico Massimo Stano – Antonella Palmisano con una gara esaltante e una vittoria netta e meritata. L’Italia c’è così tanto che vince con le seconde linee.

Marcell Jacobs e Chituru Ali marcia prosegue il suo momento d’oro agli Europei di Roma, con le tre medaglie vinte proprio da Palmisano, Trapletti e Fortunato. L’operazione Parigi sembra proseguire al meglio, si sognano tre medaglie, ma in Francia tutto cambia. Nessuno è in forma come a giugno, chi per Covid chi per altri malanni. Tutti affondano, la staffetta è sesta, solo Stano salva l’onore, ma è quarto a un secondo dalla medaglia.

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Gianmarco Tamberi, la solitudine dei numeri uno

Richieste di Licensing Gianmarco Tamberi in quella che sarebbe potuta essere la sua più grande stagione: la finale olimpica. Lui ci è arrivato nella gara delle medaglie, ma nella preparazione non aveva messo in conto le coliche renali. Il portabandiera dell’Italia è stato comunque il grande protagonista della finale di salto in alto, raggiunta con una salute precaria e affrontata dopo i dolori di una colica.

Che fare? Lui non ci ha pensato due volte ed è sceso in pedana per giocarsela fino in fondo, salvo poi guardare tra le lacrime gli altri salire e lui restare fermo a 2.22. Sceneggiata o eroismo sportivo? Tutti divisi e diversi su questo, perché il numero uno è sempre solo. Ci ha provato Stefano Sottile a fargli compagnia su quel podio mancato, ma è finito quarto: la maledizione dei numeri pari. Se mettiamo tra parentesi le olimpiadi, a Tamberi restano la miglior prestazione mondiale dell’anno con 2.37, la vittoria ai Campionati Europei e la vittoria nella finale di Diamond League. Ci sarebbe di che gioire, invece…

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La rivoluzione dei 1500 metri

I grandi cambiamenti arrivano anticipati dal vento, soffiano nell’aria e ai nasi più fini appaiono subito chiari. Se poi ci aggiungiamo anche il sostegno del cronometro, intuirli è ancora più facile. Sierre Zinal: dominio keniano, cè un grande Puppi, c’era ancora qualcuno che dubitasse del miglioramento anche di quello outdoor? C’era solo da scommettere su chi tra Federico Riva, Ossama Meslek e Pietro Arese fosse il primo a farlo.

Il primo è stato Pietro Arese, che il 30 maggio a Oslo mandava in pensione, dopo quasi 34 anni di onorata carriera, la leggenda Genny Di Napoli (3’32”78) con 3’32”13. Non finisce qui però, perché l’aria di Parigi ha messo le ali ai nostri mezzofondisti. Soprattutto a Pietro Arese, che ha messo il punto esclamativo sul suo 8° posto in finale con il nuovo primato di 3’30”74. In semifinale anche Ossama Meslek si migliorava con 3’32”77, un centesimo meglio del vecchio record di Di Napoli.

Sul fronte femminile, ci ha pensato Sintayehu Vissa a sconvolgere le all time della distanza. Per la friulana di origine etiope che si allena negli Stati Uniti il confronto era con un’altra leggenda dell’atletica azzurra, Gabriella Dorio. Anche per Sinta è stata la pista di Parigi la sede della detronizzazione. In una semifinale velocissima ha saputo correre in 3’58”11, tempo che ha migliorato dopo 42 anni il vecchio record di 3’58”65. Sulla scia della prestazione parigina, Vissa ha poi corso altre due volte sotto il vecchio record: 3’58”12 a Roma e 3’58”33 a Zagabria. Perché i record non vengono per caso.

L’atletica italiana ora deve metter mano agli 800 metri: 1’57”66 di Gabriella Dorio stagione 1980, e 1’43”7h di Marcello Fiasconaro stagione 1973. Anche per loro l’età della pensione è ampiamente raggiunta, non sono più ammesse deroghe o proroghe.

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Campionati Europei di Roma, la grande bellezza

Tamberi restano la miglior prestazione mondiale dell’anno con 2.37 Campionati Europei di Roma sono stati un grandissimo successo per l’atletica italiana. Questo è innegabile. A futura memoria, i Campionati Euro”Mei” resteranno uno dei momenti più alti di questo sport. Non solo perché il presidente Sergio Mattarella ha passato ben due serate in tribuna all’Olimpico. Non solo perché per qualche giorno l’atletica è sembrato il vero sport nazionale, con oltre 4 milioni di persone davanti alla tv per la finale di Gianmarco Tamberi.

Perché al di là di tutto quel che passa (compreso il pubblico numericamente non all’altezza dell’evento), Una gara, solo una gara manca a, che non si vedeva da trent’anni a un europeo. Capace di vincere 11 medaglie d’oro, che quasi pareggiano il precedente medagliere record di Spalato ’90: 12. 11 vittorie in una sola edizione contro le 44 conquistate nei precedenti 25 campionati: ogni media è stata stravolta. Vittorie in tutti i campi, dalla velocità ai lanci, dai salti alla marcia alle lunghe distanze. Aggiungiamo anche 11 record italiani, per dare ancor più sapore al piatto. Che poi quegli 11 ori non si siano trasformati in medaglia a Parigi, poco cambia: non sono fatti dello stesso metallo. Agli Europei gli atleti hanno fatto e dato tutto quel che avevano, e questo non può mai essere una colpa, nemmeno un demerito. Dateci ogni anno una Roma 2024.