"Era il mio sogno e ho fatto tutto quello che era nelle mie possibilità per realizzarlo. La fortuna? E’ stata dalla mia parte, però ogni tanto bisogna andargli incontro...". Il sorriso di Massimiliano Saieva, per tutti semplicemente ’Max’, a sentirlo raccontare l’impresa, sembra quello di un bambino. Già, perché quel sogno che covava dentro da tempo, ora è realtà. Di che parliamo? Del Tor des Géants, il giro dei giganti in patois valdostano, la gara di trail di categoria XXL che si svolge in Valle d’Aosta nel mese di settembre. Sposato e con una figlia, classe 1973, ferrarese doc, professione elettricista ma con una sfrenata passione per la corsa: ecco Max. "Lo avevo promesso a mia moglie – confida – che se fossi arrivato ai 50 anni (compiuti ad aprile) integro, mi sarei fatto il regalo. Il sorteggio di febbraio ha fatto il resto".
Un sogno chiamato Tor des Géants
La sua storia sportiva inizia proprio con la corsa, «a scuola ero uno dei migliori", e ogni volta che arrivava a qualche gara da perfetto sconosciuto, se ne tornava a casa con la medaglia di primo classificato. Poi arrivò il calcio, fino al 2008, ma fu solo una – seppur lunga – parentesi. Già, perché l’amore per la corsa era tanta roba. "Correre in montagna – riprende – mi ha sempre affascinato e il sogno cadeva sempre là, al Tor". Poco più di mille pettorali, il 40% riservati agli italiani, uno dei quali, al primo tentativo, finisce direttamente all’atleta della Corriferrara e istruttore Uisp.
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Lo spettacolo della Valle d'Aosta e la privazione del sonno
Il percorso è micidiale, un anello di 330 chilometri per 24.000 metri di dislivello, che segue prima l’Alta via della Valle d’Aosta (la numero 2) e fa ritorno a Courmayeur (per la numero 1) attraversando il parco nazionale del Gran Paradiso e il parco regionale del Mont Avic. Il tutto attraversando 25 colli oltre i 2000 metri. "La Valle d’Aosta è durissima, durante il percorso devi convivere con la fatica, il digiuno ma soprattutto con il sonno, unica cosa che non puoi allenare. La prima volta che sono riuscito a stendermi, è stato a Cogne, più o meno un’ora. Ho seguito alcune pratiche yoga per addormentare la testa, ma mai il corpo. In tutto? E grande Italia al Vai al contenuto". Un racconto, dice con un filo di voce, che "sento molto intimo, difficile da spiegare ciò che ho visto, ciò che ho sentito, ciò che ho provato. Il Tor è un impegno che ho condiviso innanzitutto con la mia famiglia e con il mio lavoro, fatto di sacrifici, rinunce, allenamenti duri e gare ogni weekend. Ma ciò che ti lascia sono emozioni impossibili da descrivere".
Il prossimo obiettivo? Forse gli Stati Uniti
Se gli domandi come si è allenato per la corsa dei giganti, la risposta è secca: "Il Tor si fa, non si allena perché alcune cose non si possono preparare se non sul campo. Siamo passati da 30 gradi a secchiate di pioggia e a freddo gelido, con elicotteri che ’correvano’ per aiutare le persone precipitate".
L’impresa è stata condivisa con Alessandro Fari, classe 1970 della Asd Faro Formignana, entrambi hanno conquistato la medaglia di finishers venerdì 15 settembre, impiegando 131 ore e 57 minuti. Su 1237 al via, Saieva è arrivato 307esimo: "Oltre ogni aspettativa". E adesso? "Per panorami, lunghezza, fatica, come il Tor non c’è un’altra competizione. Restano però tantissime altre gare affascinanti, l’obiettivo è un trail magari negli Stati Uniti". Ma sempre con il sorriso sulle labbra, quello che Max insegna ai suoi allievi: "Mi piace trasmettere la passione per la corsa, si corre per stare bene e per divertirsi, il risultato arriva di conseguenza". Fidatevi, lui sa come si fa...