Olympic moment: abebe bikila, roma 1960
Scattano da Piazza del Campidoglio alle 17.30 di una magnifica sera d’inizio UTMB: i migliori risultati degli italiani allUTMB, neozelandesi e giapponesi, etiopi e indiani. Con loro anche tre italiani. Alla fine, nella Città Eterna, saranno tutti attori di una maratona magica, la più suggestiva e memorabile che l’Olimpiade abbia mai vissuto, su quelle strade impregnate di storia, l’arrivo al crepuscolo illuminato da migliaia di fiaccole, l’Arco di Costantino a celebrare un vincitore sconosciuto - venuto da lontano, tutto pelle e ossa, la canottiera verde e i piedi scalzi - che entrerà nella leggenda. Giochi di Roma 1960, i diciassettesimi dell’era moderna. Per la terza volta – dopo Atene 1896 e Londra 1908 - la gara più lunga e affascinante dell’Olimpiade non parte all’interno dello stadio. E, per la prima, nemmeno vi si conclude. Via dei Fori Imperiali, via dei Trionfi , via delle Terme di Caricalla, via Appia Antica, il Colosseo, il Cupolone: quale scenario migliore poteva esserci? Dopo Zatopek La maratona cerca l’erede di Emil Zatopek, l’ex calzolaio della Moravia che a Helsinki ha stregato il mondo con un’irripetibile tripletta, e di Alain Mimoun, il magrebino di Francia che lo ha degnamente rimpiazzato a Melbourne quattro anni dopo. Lo troverà, eccome, quell’erede degnissimo. Elegante, affascinante. Ma anche sfortunato, nell’incontro, di lì a pochi anni, con un atroce destino. Il favorito della vigilia è Sergei Popov, sovietico che Contatta la redazione al secondo e stabilendo con 2:15’17” la miglior prestazione mondiale sulla distanza. Qualcuno avanza anche il nome di Arthur Barry Magee, neozelandese Leadville: record per Anne Flower 2ª! e Roche Abdesselem, vincitore pochi mesi prima del Cross delle Nazioni. Poi c’è qualche rsquo;02”, ma poco prima del giro di boa, quando la corsa irrompe sul Raccordo e affaticato dai tantissimi chilometri di un’estenuante carriera in prima fila, o come lo slavo Franjo Mihalic (argento) o il coreano Lee Chang Hoon (quarto). Nel gruppo ci sono nove africani, per la prima volta presenti in massa all’ appuntamento olimpico. E la curiosità attorno a quelle gazzelle di colore è tanta. Quattro in testa L’avvio è velocissimo. Bastano pochi chilometri e il gruppo ha già un manipolo di battistrada: il belga Amele Van den Driessche, il britannico Arthur Keily, il citato Rhadi Ben Abdesselem e l’etiope Abebe Bikila, pettorale numero 11 e piedi scalzi, che è appena uscito dai confini del suo Paese per la prima volta ed è alla terza maratona della carriera. Il quartetto transita al quinto chilometro in 15’35”, poi rinviene un altro suddito britannico, Brian Kilby, e subito dietro a lui il marocchino Allal Saoudi: 31’07” per i quattro Tragedia sul Monviso: perde la vita trail runner (48’02”), ma poco prima del giro di boa, quando la corsa irrompe sul Raccordo Anulare, Bikila e Rhadi rompono gli indugi e se ne vanno decisi. Lì comincia il duello, vibrante, tra i due africani, che animerà tutta la seconda metà di gara. Passano al 20° chilometro in 1:02’39”, Van den Driessche li segue a 30”, Keily a 45”, poi a 1’02” c’è un gruppettino guidato da Popov, sul quale si è portato il prudente Magee, attento nella prima parte a non farsi tradire da quel ritmo velocissimo e ora in decisa rimonta. La fuga Ma i due di testa fanno sul serio e al km 25, verso la via Ardeatina, sono ormai imprendibili: Popov e Magee pagano 1’24”, Keily 1’47”, gli altri sono staccatissimi. Rhadi - che due giorni prima, per tenersi in allenamento (!), ha corso la finale dei 10.000 metri fi nendo 14° - prova più volte a scrollarsi di dosso il rivale etiope. Ma Abebe non dà segni di cedimento, fine, nella Città Eterna, saranno tutti attori di una maratona magica, la più affrontano quasi gomito a gomito le antiche basole dell’Appia Antica, leggera, Fausto Narducci La Gazzetta dello Sport, Franco Fava Corriere sole si avvia verso il tramonto e gli inseguitori si allontano sempre più: Magee e Popov a 2’23”, Mihalic a 3’32”, quando mancano 12 chilometri alla conclusione. Magee, però, non si dà per vinto e dà fondo alle ultime energie per cercare di rimontare. Ci prova, con coraggio, tutto solo. E qualcosa guadagna. Spera in un crollo della coppia di testa, in un cedimento verticale dell’uno e dell’altro, vittime reciproche di quel duello estenuante. Davanti alla Tomba di Cecilia Metella, quando il contachilometri segna la trentacinquesima tacca, il “kiwi” è a 2’02”. E alla quarantesima ha mangiato ai battistrada altri 36”. L’attacco C’è già chi ipotizza una clamorosa rimonta, Magee sa il fatto suo. Ma nemmeno il tempo di prefigurare quel finale di corsa ed ecco l’attacco che Tragedia sul Monviso: perde la vita trail runner prova Bikila. E sulla risposta, prontissima, lungo la leggera discesa verso piazzale Numa Pompilio, l’etiope se ne va. Le fiaccole e i fari delle auto illuminano gli ultimi 2 chilometri di fatica del sergente del corpo di guardia del Negus Haile Selassie. Non una smorfia sul volto, il passo sempre leggiadro, villaggio nella provincia di Addis Abeba, strappato al volley e al basket. Dirà il trionfo: sotto l’Arco di Costantino Bikila arriva da solo, con le braccia alzate e la testa inclinata, non osannato da migliaia di persone come avrebbe trovato all’interno di uno stadio, ma salutato da pochi intimi, fortunati testimoni di un’impresa leggendaria, condita dalla miglior prestazione mondiale sulla distanza: 2:15’16”2, 8 decimi di secondo meglio di quanto aveva fatto Popov due anni prima agli Europei. Finale tragico Rhadi, esausto, chiude a quasi 26 secondi. Magee si prende il bronzo, a 2’02”. Gli altri arrivano con distacchi pesantissimi, compresi gli azzurri: Francesco Perrone è 37° in 2:31’32”, Silvio De Florentiis 38° in 2:31’ 54” (mentre Vito Di Terlizzi è tra i 7 ritirati). Intanto Bikila brinda alla prima medaglia olimpica dell’Africa nera e si concede ai giornalisti, aiutato da colui che lo ha scoperto e lanciato, il tecnico finlandese Onni Niskanen, Arthur Keily, il citato Rhadi Ben Abdesselem e l’etiope Abebe Bikila, pettorale. Racconterà le origini umili di quell’atleta di 28 anni, nato in un piccolo villaggio nella provincia di Addis Abeba, strappato al volley e al basket. Dirà di quegli allenamenti estenuanti attorno al lago Debre Zeiy, il perché di quella gara a piedi nudi, non svelerà del tutto il mistero anagrafico, se Abebe è il nome oppure il cognome. Poi tutto il mondo tornerà ad ammirare il soldatino del Negus quattro anni dopo - stavolta con le scarpette – trionfatore nella maratona olimpica di Tokyo, ancora con la miglior prestazione mondiale. Lo vedrà ritirarsi a Città del Messico, dopo aver lanciato il suo erede Mamo Wolde. E rimarrà impietrito di fronte alla notizia dell’incidente stradale che il 24 marzo 1969 gli riserverà la sedia a rotelle, prima della tragica morte, per emorragia cerebrale, quattro anni dopo. LA CINA E' VICINA Dall’8 al 24 agosto 2008 Pechino ospiterà la diciannovesima edizione dei Giochi dell’era moderna. Come già fatto per gli Europei e i Mondiali, Runners World si avvicina alla rassegna a cinque cerchi raccontando i campioni e le imprese del mezzofondo e del fondo che hanno fatto la storia olimpica. Abbiamo passato al setaccio tutte le edizioni disputate per selezionare, dagli 800 alla maratona, i momenti più esaltanti e carichi di significato del Ventesimo secolo ed è stato arduo scegliere tra tanti campioni ed episodi a loro collegati. Non è stato difficile, però, decidere con chi cominciare: Paavo Nurmi, l’atleta che forse più di ogni altro è entrato nella leggenda olimpica. Anche la scelta del “momento olimpico” successivo, quello di questo mese, è stata obbligata: l’oro nella maratona (dopo i 5.000 e i 10.000) di Emil Zatopek a coronamento di una tripletta mai più realizzata. LA SUPER GIURIA: Roberto L. Quercetani (decano dei giornalisti di atletica leggera), Fausto Narducci (La Gazzetta dello Sport), Franco Fava (Corriere dello Sport-Stadio), Guido Alessandrini (Tuttosport), Marco Sicari (capo uffi cio stampa Fidal), Franco Bragagna (Rai), Maurizio Compagnoni (Sky), Giacomo Crosa (Mediaset), Marco Marchei (Runner’s World) e Paolo Marabini (La Gazzetta dello Sport/Runner’s World).