Si chiamava Trebisonda, e già questo la rendeva speciale. Aveva uno spirito vivace e un po’ ribelle, una grande voglia di vita. E sul finire degli anni Venti del secolo scorso, quando tra le materie scolastiche le ragazze ne trovavano una chiamata “lavori donneschi”, lei non si vergognava a correre. Anzi, le piaceva e in tanti dicevano che era dotata.
Quel nome così particolare richiamava l’Oriente, ed era stato un’idea di papà, che aveva letto storie fantastiche su Trabzonspor, città della Turchia affascinante e magica. Mise quel nome alla bambina che era arrivata nel 1916, dopo quattro figli maschi, perché immaginava per lei un futuro radioso. Anche se gli amici smisero presto di chiamarla così, tra tagli e diminutivi. Trebisonda, Onda, Ondina. Ecco, Ondina suonava davvero bene.
TALENTO PRECOCE
Il 23 giugno 1927, alla “Coppa Bologna”, kermesse di atletica leggera dedicata ai ragazzini delle scuole elementari, Ondina sfoderò il suo talento ad appena undici anni. Tre metri e mezzo in lungo, uno e dieci in alto, un razzo nei 50 metri. La notò Francesco Vittorio Costa, capitano dell’esercito ma anche allenatore, e la fece tesserare per la Bologna Sportiva, che per volere di Leandro Arpinati, “potente” del regime fascista e dello sport nazionale, tenne unite sotto un’unica denominazione quasi tutte le società bolognesi fino al 1935. Fu allora, dopo la caduta in disgrazia del gerarca, che la sezione atletica confluì nella mitica Sef Virtus.
ONDINA E CLAUDIA
Per Ondina fu l’inizio della storia sportiva, quella vera. E anche di un’amicizia speciale, tra due ragazze bolognesi che il destino portò poi alla stessa scuola media, la “Regina Margherita”, alla stessa società sportiva, allo stesso appuntamento col destino: la finale olimpica degli 80 ostacoli, sulla pista dell’Olympiastadion di Berlino. Amiche e rivali, per la storia: Ondina Valla e Claudia Testoni.
A dire il vero, la Valla avrebbe potuto andarci quattro anni prima, alle Olimpiadi. A soli sedici anni. Sarebbe stata l’atleta più giovane nella storia olimpica azzurra. Ma sarebbe stata anche l’unica ragazza della squadra di atletica, su un “bastimento”, come si cantava nelle canzoni dell’epoca, diretto in America. Una nave di uomini diretta a New York, e poi un treno verso Los Angeles, con una sola ragazza al seguito. Impensabile, all’epoca.
Mussolini aveva appena firmato i “Patti Lateranensi”, in pratica stipulando la “pace” con il Vaticano, profondamente contrario allo sport femminile. Per non parlare di mamma Andreina, per cui andare a correre così lontano in pantaloncini corti sarebbe stato indecoroso. “E se poi non trovi più marito?”.
VERSO BERLINO
Verso Berlino, dunque. Alimentando quella sfida tutta bolognese. Valla contro Testoni. Ondina specialista delle corse piane, del pentathlon e del salto in alto (saltò 1.56 nel 1937, primato italiano che resistette 18 anni), Claudia nel lungo (sette volte tricolore in un decennio), entrambe fortissime negli ostacoli alti. Diverse anche caratterialmente: vulcanica ed esplosiva Trebisonda, riflessiva e riservata Claudia. Quanto alle sfide dirette, l’ago pendeva dalla parte della Valla: 92 duelli, in discipline diverse, 67 vittorie di Ondina, 20 della Testoni, cinque exaequo.
Ma di fatto, la stagione che portava verso Berlino aveva sorriso proprio a Claudia, che proprio nel 1935, forse appesantita mentalmente da questa rivalità richiamata da tutti, si era trasferita alla Venchi di Torino. Era lei, comunque, ad arrivare da favorita nella gara in cui si sarebbero affrontate, gli 80 ostacoli.
FINALE A CINQUE CERCHI
Le aspettative erano alte. Ma la stampa internazionale dell’epoca perse qualche colpo, dimenticando i trascorsi delle due azzurre e preferendo puntare su altre favorite per la gara degli 80 ostacoli, orfana della leggendaria Babe Didrikson, l’americana appena passata al professionismo. Sotto i rif lettori finirono l’altra statunitense Simone Schaller, le tedesche Anni Steuer e Doris Eckert, rese eroine dalla retorica nazista, la britannica Violet Webb. Meglio per le due bolognesi, soprattutto per la Valla che il 5 agosto chiuse la propria semifinale al primo posto con un tempo da record del mondo, 11”6, non omologato a causa dei favori del vento. Ma anche la Testoni, terza nell’altra semifinale con evidente facilità, staccò il biglietto per l’atto conclusivo.
LA FOTO RISOLUTIVA
Ed eccole entrambe sulla linea di partenza, il 6 agosto 1936. Clima più autunnale che estivo, entrambe le azzurre non al meglio della forma. Per Ondina, zollette di zucchero imbevute nel cognac per scongiurare i crampi. Sei atlete a giocarsi l’oro olimpico. Fuori causa Schaller e Webb, eliminate in semifinale. Giochiamocela come fosse ora, questa finale: Testoni che esce perfetta dai blocchi, e resta al comando fino ai 50 metri. Valla che rinviene, insieme alle altre.
Sul traguardo piombano in quattro, tutte con lo stesso crono, 11”7. Occorrono tre quarti d’ora e l’utilizzo di un macchinario automatico rivoluzionario, la Ziel-Zeit Camera capace di “leggere” il millesimo di secondo, per definire la classifica. Ondina Valla è prima, ed è nella storia: la prima italiana a conquistare un oro olimpico. Al secondo posto Anni Steuer, al terzo la canadese Elizabeth Taylor. Quarta, medaglia “di legno”, la Testoni.
UNA REGINA A BOLOGNA
Da lì, è tutto scolpito negli annali dello sport. Il ritorno a Bologna, ormai eroina acclamata dalle masse. Le 5mila lire regalate dal Duce, che si era reso conto del valore di un’impresa sportiva del genere, anche a fini propagandistici. Il matrimonio, più in là negli anni, con Guglielmo De Lucchi, noto ortopedico, e il trasferimento in Abruzzo col marito e col figlio, Luigi.
L’ultima gara disputata nel 1950, a trentaquattro anni. Le sfide con la Testoni, vincitrice due anni dopo del titolo europeo, che alla fine sarebbero diventate 111. Una bella fetta di vita, tanto da farle dire il giorno dell’addio dell’amica, nel 1998: “Pensare a Claudia è pensare alle cose più belle della mia vita”.
Altro che rivalità. Era un legame vero, profondo. Tra due donne che hanno cambiato la storia dell’atletica e dello sport. E Ondina ha fatto la rivoluzione mostrando al mondo quella medaglia d’oro, e il suo sguardo fiero, da ragazza che a vent’anni non ebbe paura delle convenzioni. Altro che “lavori donneschi”.
IL LIBRO: L’ORO DI ONDINA
Ottantacinque anni dopo la vittoria alle Olimpiadi di Berlino negli 80 ostacoli, Ondina Valla entra nelle scuole e parla ai ragazzi. Lo fa attraverso i capitoli del volume “L’oro di Ondina” Caccia al record dei 100 km in una sfida di Adidas e grazie alle splendide illustrazioni di Antonella Cinelli.
Fa parte dei “Fatterelli bolognesi” di Edizioni Minerva, una collana che intende raccontare (appunto con testi e disegni d’autore) i grandi personaggi che hanno dato lustro alla città di Bologna: da Guglielmo Marconi a Giorgio Morandi, da Ulisse Aldrovandi a Dante Alighieri, fino a Mozart che da ragazzo visse sotto le due torri e studiò all’Accademia Filarmonica con padre Martini.
Un libro agile, scritto apposta per i più giovani, un’ottantina di pagine e formato tascabile, nel quale è la stessa Valla che si racconta in prima persona, dall’infanzia alla scoperta del talento, dall’amicizia con la Testoni fino alla gloria di Berlino e al ritorno in patria, trattata finalmente come un simbolo dello sport italiano.
L’ORO DI ONDINA – Marco Tarozzi e Antonella Cinelli – Edizioni Minerva – 9 euro