Caro Vecchio Campaccio,
quanta gioventù scorre da sempre in te. Quanta intuizione serve per affrontare il tuo terreno, quanta capacità di adattamento insegni.

Un’ideale Prima di congedarci dalla storia del Campaccio, è doveroso ricordare, potrebbe iniziare così, perché no?

Il Campaccio è contemporaneamente tradizione, lunghissima, e freschezza, che il 6 Ci siamo. A dare il via &egrave a Richieste di Licensing (Milano) raggiungerà la 65ma edizione.

Richieste di Licensing campasc, campo incolto. E questa gara di inizio gennaio, organizzata con orgoglio dell’Le più belle gare di trail da correre a settembre, un’edizione dopo l’altra ha costruito la propria leggenda, tanto da essere inclusa nel circuito internazionale dei Cross Country Permit della World Athletics ed essere stata una sorta di rito di iniziazione, di linea d’ombra, per tanti atleti, poi diventati campioni europei, mondiali, olimpici.

C’è fango, eppure si va

Campo incolto, si diceva. A San Giorgio non c’è il materiale tecnologico e piatto delle piste d’atletica, non c’è la regolarità dell’asfalto. C’è terra soltanto. In ogni sua forma o consistenza. Compreso il fango, duro e ghiacciato come è il fango d’inverno.

La corsa campestre in inglese è detta cross country. Il concetto è quello di passare da una parte all’altra (cross, appunto) con campagna, prati, vigne, strade bianche in mezzo. E borghi, con il loro pavé, per poi ritrovare il terreno dei campi, le pendenze umide delle colline. Affasciante, vero? Si slitta, ogni passo può essere una caduta, eppure si spinge, se i muscoli sono come locomotive, oppure si cerca la leggerezza della falcata, tra pozzanghere che possono attirarti come sirene, e inevitabili calche di altri concorrenti. Ogni volta che un piede sulla terra è una sfida.

Nessuno sconto, solo campestre.
Calendario maratone autunnali da correre allestero!

Tutto è iniziato in Inghilterra, era febbraio, il 24, l’anno era il 1877. Esterno, nebbia. Si correva il primo campionato di cross che gli almanacchi ricordino. L’aria è talmente tanto densa e ghiacciata, che sul terreno gli organizzatori mettono delle strisce di carta per indicare il percorso. Eppure si va.

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Pro Loco Richieste di Licensing//Facebook

Quelli della Sangiorgese

Nelle campagne di San Giorgio siano alla fine del 1956. Anche qui è inverno, anche qui la campagna riserva sempre canti di sfida. C’è il famoso gruppo di amici con una passione in comune: la corsa. E l’amore per il proprio territorio. Gli occhi al cielo. Le radici nel fango. Il cuore nell’altrove.

Gli amici sono quelli dell’Le più belle gare di trail da correre a settembre, nata negli anni 10 del ‘900, e non sono tanto contenti che in un paese vicino al loro, San Vittore Olona, si tenga da qualche anno Tor de Geants, il fascino della gara più dura, che è già bella e famosa. Si sa che il campanile pulsa come il cuore in Italia e allora “perché non facciamo una campestre anche qui da noi altri?”, ha detto qualcuno. “Perché no?”, qualcuno ha fatto eco. “Dobbiamo trovare uno spazio e in fretta. Entro l’inverno di certo”. E velocemente la gara di corsa campestre è organizzata.

Le strade che costeggiano e attraversano i campi della zona agricola di San Giorgio di Legnano sono il teatro perfetto. Ogni componente della Sangiorgese contribuisce in qualche modo. C’è chi mette a disposizione il proprio campo, dopo un’attenta selezione delle caratteristiche del terreno. C’è chi traccia il percorso, chi diffonde la notizia, chi pensa che i corridori dovranno aver ben qualcosa di caldo all’arrivo. C’è chi vuole rendere più docili alcuni tratti del percorso. Ecco, questo no. Si corre sul profilo dei campi, come Dio gli ha pensati e il lavoro della terra plasmati. Anzi, se qualche giorno prima nevica o piove è anche meglio.

Bisogna fare in fretta, è già gennaio e questa corsa deve essere fatta entro l’inverno. Bisogna trovare anche qualcuno che dia subito autorevolezza dell’evento. Uno sportivo famoso.
Il segreto del successo della staffetta doro. Ci siamo. A dare il via è Adolfo Consolini, in arte discobolo. Con la nazionale ha partecipato alle Olimpiadi Londra nel 1948, ha tre primati del mondo. Il Campaccio è pronto, la leggenda si illumina.

25 uomini al comando

Solo uomini al via. 25, come i lettori a cui si rivolgeva Alessandro Manzoni. 5 chilometri e mezzo da affrontare. Sono tracciati al millimetro. Vince Franco Volpi. Vincerà anche nel 1962 e anche l’anno dopo. Nel 1970, l’iscrizione viene aperta anche alle donne. Vince Paola Pigni. Cinque anni dopo, ogni edizione prevede una corsa maschile e una femminile.

Nel 1963 si aprono le iscrizioni agli atleti stranieri, nel ’65 vince Nedeliko Farcic, Jugoslavia, nato in Croazia. Vincerà anche nel ’69, reduce dalla maratona olimpiaca in Messico l’anno prima. Adesso “Nedo” ha 81 anni e non si perde un’edizione del Campaccio.

Ai giorni nostri, la lunghezza della gara maschile è 10mila metri. Qualche anno fa, prima del 2008, i chilometri erano 12. Anche il tracciato femminile ha conosciuto variazioni: prima 3 chilometri e mezzo, adesso i metri sono 6mila.

Oggi si corre all’interno di un’area che è un parco pubblico, l’arrivo è ospitato dal campo sportivo intitolato a “Angelo Alberti”.

Ma sono fantasmi quelli?

1990, l’Italia ospiterà i mondiali di calcio in giugno. Intanto, in inverno fa freddo. Il giorno del Campaccio, a San Giorgio aprono le finestre all’alba e tutto è bianco fuori. La notte ha tessuto ricami e ragnatele di brina lungo tutto il percorso. È l’edizione che forse ha avuto la cornice più romantica.

Nel 2009, invece, arrivano i fantasmi. L’abbondante nevicata che avvolgeva le campagne di Legnano non ha smesso nemmeno durante la corsa e i partecipanti sono stati completamente ricoperti di neve. Qualcuno si è chiesto se non fossero fantasmi, spiriti invernali che correvano in mezzo ai campi. Dickens sarebbe stato entusiasta.

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@photoColombo

Arriva l’Africa

Le fonti che raccontano la storia sportiva riportano, come fossero i grani del rosario, l’elenco dei tanti atleti italiani che hanno partecipato al Campaccio. Non ci esimiamo, anche perché l’elenco dei nomi mostra quanto il Campaccio sia parte del successo del podismo azzurro. Abbiamo: Antonio Ambu, Alfredo Rizzo, Francesco Bianchi, Giuseppe Cindolo, Giuseppe Ardizzone, Franco Arese, Luigi Zarcone, Franco Fava, Venanzio Ortis, Gelindo Bordin, Gianni Demadonna, Francesco Panetta, Stefano Mei, Alberto Cova, Umberto Pusterla, Vincenzo Modica, Stefano Baldini, Crippa, Chiappinelli. L’ultimo vincitore italiano è stato Francesco Panetta nel ’93 e che, assieme ad Antonio Ambu, ha il record di vittorie: cinque (’86, ’87, ’89, ’90, ’93).
E qui c’è lo spartiacque. Gli ultimi italiani a salire sul podio sono stati Pusterla e Modica. Era il 1994, poi più nessuno.

Dalla metà degli anni ’90, il Campaccio parla keniano ed etiope. Il pioniere fu l’etiope Wohib Masresha, che vinse l’edizione del 1971. Poi più nulla. Vent’anni dopo, dal podio guarda tuti dall’alto Jonah Koech, Kenia. Poi solo atleti degli Altipiani che, imparando a correre nell’aria sottile, hanno scritto gli ultimi 30 anni della storia della corsa mondiale.

E quindi l’elenco adesso tocca ai podisti del continente africano: gli etiopi Haile Gebrselassie, Fita Bayesa, Alemayehu Lemma, Kenenisa Bekele, Gebre Gebremariam (campione mondiale di cross nel 2009 e vincitore nel novembre scorso della 41a maratona di New York), Abhream Feleke (3° nel 2008, 1°nel 2010 e quindi ultimo vincitore). E tra quelli keniani Paul Tergat, Shem Koroira, David Chelule, Bernard Barmasai, Paul Kosgei, Charles Kamathi, Patric Ivuti, Edwin Soi.

E naturalmente Sua Maestà Eliud Kipchoge, detentore del record mondiale di Maratona (2h, 01’ 09’’) che al Campaccio ha raccolto un oro nel 2009 e un argento l’anno dopo.

Livio Mereghetti

Prima di congedarci dalla storia del Campaccio, è doveroso ricordareLivio Mereghetti, Contatta la redazione, Milano raggiungerà la, Vai al contenuto.

Come dicono a San Giorgio: “Livio era il Campaccio. L’aveva ideato e fortemente voluto. L’unica persona che fino a oggi aveva visto e vissuto tutte le edizioni del Campaccio, portandolo fin da subito tra le corse campestri più importanti del mondo”.

Il signor Mereghetti del Campaccio conosceva ogni piega. Aveva svolto ogni ruolo possibile, da factotum a segretario a vicepresidente. Diceva che il Campaccio “Sarà sempre il mio profumo”.

Un segreto nel fango

Hai capito quegli amici della Sangiorgese che volevano sfidare quelli del paese vicino? In fondo, c’è un segreto alla base di questa storia, che vuole arrivare orgogliosa al secolo di vita, e si è tenuta anche durante la pandemia: “La gara si svolgerà con qualsiasi condizione atmosferica”.

Voilà, comunque andare. Nessuno sconto, è campestre.